28 aprile 2005
INIZIO ORE 19:30
Palazzo dello Spagnolo
Via Vergini 19, Napoli
Intervengono:
Marinella De Nigris
Giuseppe Montesano
Nicola Spinosa
Vincenzo Trione
Coordina:
Marina Giaveri
Il 28 aprile 2005 alle ore 19,30 è stato presentato presso la Fondazione Morra (Palazzo dello Spagnolo, Via Vergini 19, Napoli) il volume L’incanto di Marialba Russo, Milano, Skira 2004: il volume comprende fotografie realizzate dal 1990 al 2000 e un testo inedito di Paul Valéry.
L’autrice
Marialba Russo, napoletana, vive a Roma dal 1987.
Ha iniziato la sua attività fotografica alla fine degli anni sessanta, interessandosi alle rappresentazioni religiose e alle feste popolari dell’Italia centro-meridionale, poi collaborando con il Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari di Roma.
Negli anni 1976 e 1977 pubblica Al ristorante il 29 settembre 1974 e Giornale Spray nella collana “I Quaderni dello sguardo” da lei ideata. Con la sequenza fotografica Il Parto rappresenta l’Italia in “Venezia 79 la fotografia” (curata da Daniela Palazzoli, Sue Davis e Jean-Claude Lemagny).
Negli anni successivi è presente in diverse manifestazioni negli Stati Uniti e in Europa, come la mostra curata da Arturo Carlo Quintavalle “ Il rosso e il nero. Figure e ideologie in Italia 1945-1980 nelle raccolte del CSAC.”
Prosegue le sperimentazioni sul linguaggio fotografico con i lavori Della serie delle centotrenta figure di spalle ( 1981) e 1929Ritratto di mio padre e mia madre (1982). Una sintesi di quel decennio è offerta dalla Galleria d’Arte Moderna di Bologna nel 1989 con la retrospettiva Marialba Russo – Fotografie 1980-1987.
E’ del 1993 Roma Fasti moderni, un racconto fotografico sulla Roma archeologica costruito sul ritmo di una sequenza filmica. Segue Epifanie, raccolta di fotografie di viaggio.
Le due esposizioni “Incantesimo” proposta dal Museo della Fotografia di Salonicco nel 2001 e “Passi” al Jin Tai Art Museum di Pechino nel 2003 sono brevi sequenze in anteprima del lavoro a cui Marialba Russo si è dedicata dal 1990 al 2000: L’Incanto.
L’Incanto
Presentando, nel 1989, una splendida raccolta di fotografie di Marialba Russo, Alberto Moravia scriveva:
” Non è un caso che le tue epifanie ovvero manifestazioni del misteri che cui circonda siano state tutte scattate a Napoli e in genere nel Sud. E’ proprio in questa parte d’Italia, che grida e gesticola con l’architettura barocca, che la realtà quotidiana è più schiva, più silenziosa, più misteriosa…”
In perfetta consonanza commentava, alla Galleria d’Arte Moderna di Bologna, Lorenzo Merlo:
” La purezza e il rigore perseguiti con determinazione persino severa, l’essenzialità dell’approccio a questa parte di mondo fanno di questo libro [Marialba Russo, Fotografie 1980-1987, Milano, Electa 1989] una sorta di celebrazione che potremmo chiamare l’incantesimo, la rivelazione del potere visivo nascosto nell’Italia meridionale.”
Di incantesimo si è parlato più volte, in occasione di mostre e di libri – presentazioni di un’attività al tempo critica e poetica che ha scelto il mezzo della fotografia. E’ l’incanto di uno specchio magico, frantumato dal tempo, che rispecchia e dà un senso nuovo alle rovine, come hanno scoperto i visitatori del Palazzo delle Esposizioni, a Roma, di fronte alle immagini di Roma Fasti moderni (il volume, sottotitolato il disordine del tempo, è uscito nel 1993 per i tipi di Mudima, Milano). Sono gli intimi racconti affettivi che – riprendendo il filo della proposta del 1982, Ritratto di mio padre e mia madre – presentano, anno dopo anno, le tappe di un viaggio negli spazi e nei tempi degli affetti: Epifanie (1997), Famosa ( 1998), Ritratto di me ( 1999).
L’incantesimo si fa tema esplicito nella serie fotografica di acqua e terra, di legno e pietra raccolta fra Italia, Grecia e Francia nell’ultimo decennio del millennio, e proposta appunto con il titolo L’incanto nel volume edito da Skira. L’incanto è un percorso di forme dove la figura umana (così cara a Marialba Russo nella sua attività di documentazione antropologica, attenta ai riti e ai miti del Mediterraneo) scompare fra ambigue tracce, facendosi ombra, punto, minerale. “Ein Zeichen sind wir, deutungslos “ “ Un segno siamo, privo di senso” scriveva Hölderlin in Mnemosyne: il linguaggio umano è perduto, “ vi è una lotta in cielo e possenti/ vanno le lune, allora parla il mare / e anche i fiumi debbono cercarsi / un sentiero.”
Se il corpo umano si confonde e scompare, il percorso fra cieli e fiumi, alberi e animali amici si presenta come il doppio di un viaggio all’interno dell’uomo. E a un viaggio all’interno della mente allude anche il testo premesso alla raccolta, quell’Agathe – qui nella sua prima edizione italiana – in cui Paul Valéry cercò a lungo di catturare il funzionamento del pensiero: “ Più penso, e più penso; così, a poco a poco, vedo tutti gli esseri conosciuti farsi in me sorprendenti, e poi meglio conosciuti.”
L’incanto trova così anche le risonanze care al poeta francese: meraviglia, linguaggio, magia.
“La parola si confonde nelle cose che ha amato – scrive Marialba Russo in apertura del viaggio fotografico. E aggiunge: “nell’immagine riflessa è come esistere senza tempo. “ L’incanto è un percorso di perdita e di ritrovamento. (marina giaveri)