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Bruno Di Bello. Site Specific Works
25 Novembre 2005-19:00/20 Dicembre 2005-19:00
25 novembre – 20 dicembre 2005
OPENING 25 NOVEMBRE ORE 19:00
Palazzo dello Spagnolo
Via Vergini 19, Napoli
Bruno Di Bello è nato a Torre del Greco il 10 maggio 1938. Nel ‘58 frequenta ancora l’Accademia di Belle Arti di Napoli ma già espone e, con Biasi, Del Pezzo, Fergola, Luca e Persico, forma il “gruppo ‘58”.Il suo lavoro si distacca da quello dei suoi amici per un riferimento ad un’arte segnica, astratta, più vicina ad esperienze di azzeramento della pittura. Nel ‘62 prima mostra personale alla Galleria 2000 di Bologna, nel ‘66 espone a Napoli alla Modern Art Agency di Lucio Amelio ed incomincia ad usare la fotografia come proprio mezzo di realizzazione artistica. Nel ‘67 si stabilisce a Milano, ed il suo studio diventa una grande camera oscura dove, in grandi tele fotografiche sperimenta tutta una serie di riletture dell’esperienza delle avanguardie storiche e di rivisitazioni dei propri miti artistici (Klee, Duchamp, Man Ray e i costruttivisti russi) sviluppando così un’idea di arte come riflessione sulla storia dell’arte e delle avanguardie. Espone per la prima volta da Toselli nel ‘69 e nel ‘70 alla galleria Bertesca di Genova. Nel ‘71 espone allo Studio Marconi un’istallazione composta di 26 tele fotografiche con la scomposizione dell’alfabeto e prosegue poi ad elaborare opere in cui parole/concetto si scompongono e ricompongono animando un gioco di dispersione e ritrovamento di senso. Da Marconi esporrà anche nel ‘74, nel ‘76, nel ‘78 e nell’81.Altre sue personali sono quelle del ‘74 Art in Progress a Monaco ed alla Kunsthalle di Berna, nel ‘75 all’I.C.C. di Anversa e alla galleria Plurima di Udine, nel ‘77 alla galleria Lucio Amelio di Napoli .Alla fine degli anni ‘70 le sue tele fotografiche da analitiche diventano sintetiche: grandi segni neri si accampano su fondi bianchi realizzando una elementare scrittura di luce. Espone questi lavori nel ‘78 alla galleria Rondanini di Roma e nell’estate ‘80 realizza un grande lavoro per il Festival di Spoleto. Altre tele fotografiche sono realizzate negli anni ‘80 giustapponendo figure umane ed oggetti che proiettano le loro ombre sul materiale fotografico sviluppato poi con grandi pennellate. E’ di quel periodo l’”Apollo e Dafne nel terremoto” eseguito per la collezione “Terrae motus” allestita da Lucio Amelio ed esposta a Parigi-Palais Royale, ed ora in permanenza presso la reggia di Caserta. Altre sue opere sono state acquisite dal museo Boymans di Rotterdam, dalla Galleria d’arte contemporanea di Parma, dal museo Rufino Tamayo di Mexico City e dal museo di Dortmund. Dagli anni ‘90 dirada le sue apparizioni in pubblico e si dedica allo studio delle nuove tecnologie operando ricerche come grafico e fotografo digitale.
In mostra alla fondazione Morra, opere recenti che sottolineano il rapporto che intercorre tra il lavoro di Bruno Di Bello e l’ architettura. Nel suo lavoro più noto, quello degli anni ‘60/80, Di Bello ha utilizzato la fotografia, non tanto come occhio puntato sulla realtà, ma bensì come procedimento di costruzione dell’ immagine: lavoro sui processi di luce – ombra – materiali sensibili. Lavoro quindi materialmente tutto di camera oscura. Con l’ avvento della fotografia digitale ( fine anni 80) di cui Bruno Di Bello è stato uno dei primissimi sperimentatori in Italia, il lavoro della camera oscura è stato totalmente Condensato nel personal computer. Il computer, che Di Bello considera il suo “clavicembalo ben temperato” gli ha fatto però scoprire le nuove geometrie che il mezzo andava visualizzando: dalle curve spline alle curve di Bezier, fino alla geometria dei frattali: le stesse geometrie che hanno consentito la straordinaria libertà di forme che ha rivoluzionato la maniera di progettare degli architetti più innovativi. In dialogo quindi con l’ architettura settecentesca del palazzo dello Spagnuolo, Di Bello ha realizzato il suo stendardo che sottolinea il gioco di diagonali e volute dello scalone. All’ interno i quattro ovali sopraporta e la “wunderkammer” del grande salone, dove quattro proiettori video sono puntati su una grande sfera, visualizzano il processo di nascita ed evoluzione continua delle sue immagini. Tutto un mondo di forme che alludono all’ infinitamente piccolo dei microrganismi e/o alla frastagliatura delle coste, all’ infinitamente grande delle immagini che ci giungono dallo spazio: il nuovo paesaggio, oggi.