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Gian Maria Tosatti – Sette Stagioni dello Spirito 2_Estate
6 Giugno 2014-11:30/5 Luglio 2014-17:00
6 giugno – 5 luglio 2014
OPENING 6 GIUGNO ORE 11:30
Ex Anagrafe Comunale
Piazza Dante, Napoli
A cura di Eugenio Viola
2_Estate, seconda tappa del progetto biennale Sette Stagioni dello Spirito, è un intervento site-specific che indaga il concetto di inerzia, una condizione dell’anima affrontata da Gian Maria Tosatti cortocircuitando riferimenti eterogenei: l’approccio “archeologico” di Agamben incontra le riflessioni disilluse dell’ultimo Pasolini di Petrolio, l’impianto ascensionale di matrice dantesca quello introspettivo di Teresa de Jesus, riferimenti cari alla storia dell’arte si prestano alle lacerazioni del presente. Elementi diversi e tra loro distanti, diventano l’espediente sottile di Tosatti per portare avanti una riflessione amara che usa come analogia l’Italia repubblicana, la sua mancanza di progettualità e di identità, per indagare una “malattia dello spirito” comune ad ogni uomo che si lascia scivolare verso la bassezza, in quella che, in definitiva, è un’opera sull’inferno.
Il luogo prescelto per questo secondo intervento del ciclo costituisce, come nel caso precedente, un’altra ferita aperta nel corpo di Napoli. Tosatti si è concentrato su un edificio talmente visibile da essere diventato invisibile, che si staglia sulla centralissima Piazza Dante. Nato nel ‘600 come monastero, l’edificio ha ospitato la prima anagrafe italiana, istituita a Napoli nel 1809 e tutt’oggi, pur essendo chiuso e versando in condizioni di degrado, conserva all’interno gran parte dei documenti che hanno registrato l’identità dei napoletani per oltre 200 anni.
Come per Agamben così per Tosatti, l’indagine storica è solo il riflesso di un’interrogazione assoluta rivolta al presente, ed è proprio cercando di comprendere il presente che l’artista si trova, quasi costretto, ad interrogare il passato.
È in questo senso che Tosatti recupera, in chiave umanistica, il pensiero del filosofo quale unica possibilità di risoluzione di un’identità in funzione del proprio futuro, lo interpreta come postulato dello spirito, avvicinandolo, sorprendentemente, alle “seconde mansioni” descritte da Santa Teresa D’Avila nel suo Castello Interiore, punto di inizio dell’indagine chirurgica dell’artista nel ventre di Napoli.
Tosatti risemantizza uno spazio vuoto, silente, e con un’azione contro natura lo riporta indietro nel tempo quasi volesse apparentemente restituirlo alla sua funzione originaria. In realtà lo elegge a simbolo di una parabola che attraversa l’Italia repubblicana e il suo immobilismo per definire la natura stessa del male all’interno di ogni essere umano.
Il visitatore, dunque, si trova al cospetto di uno spazio di cui egli stesso è corpo, in cui tutto è infinitamente familiare, ma in cui l’ordine è stato meticolosamente progettato, attraverso successioni di informazioni di un
processo che restituisce un’installazione polisemicamente complessa, in cui ogni singolo elemento contribuisce alla creazione di un progressivo disvelamento di senso.